Durante l’ultima campagna di acquisizione condotta presso le Gallerie Nazionali di Arte Antica a Roma, sono stati oggetto delle riprese in altissima definizione non solo i capolavori di Caravaggio, recentemente pubblicati nella galleria virtuale per i 450 anni dalla nascita dell’artista, ma anche il presunto Ritratto di Beatrice Cenci attribuito a Guido Reni.
La giovane raffigurata viene tradizionalmente identificata con Beatrice Cenci, nobile romana accusata di parricidio, processata e decapitata a Roma l’11 settembre 1599. Si narra che il dipinto sia stato eseguito in carcere da Guido Reni poco prima dell’esecuzione capitale, una vicenda tragica che data la notorietà della famiglia Cenci, catturò l’interesse del popolo.
A lungo si è dibattuto sull’attribuzione dell’opera a Guido Reni, a tal proposito, le indagini diagnostiche e il successivo intervento di restauro condotto sul dipinto nel 1999, hanno riportato alla luce alcune informazioni inedite che potrebbero validare questa ipotesi. Sotto la pellicola pittorica sono emersi due pentimenti in corrispondenza del copricapo e del volto, mentre le indagini chimiche datano la preparazione del supporto e la materia pittorica al primo ‘600. Insieme a un’attenta analisi stilistica le scoperte confermerebbero l’autografia di un artista raffinato e capace, quale era Reni, se non fosse che al tempo pare si trovasse a Bologna. Recentemente è stato ipotizzato che l’opera potrebbe essere attribuita a Ginevra Cantofoli, pittrice bolognese poco nota, attiva nei primi decenni del XVII secolo.
In questi casi, la digitalizzazione in gigapixel può rivelarsi uno strumento utile per approfondire gli studi sulla tela attraverso lo studio delle pennellate, e acquisire ulteriori elementi utili alla ricerca. La riproduzione digitale in altissima definizione e il visore multimediale consentono, infatti, di indagare il dipinto in ogni dettaglio e di studiare in modo inedito le superficie pittorica.
La storia di Beatrice Cenci
Il ritratto è uno dei più celebri e affascinanti di Palazzo Barberini. La giovane Beatrice fu vittima di ripetuti abusi e violenze da parte del padre, finchè, insieme ai fratelli e alla matrigna, per difendersi risposero alla violenza con violenza commissionando l’omicidio del padre. Il caso suscitò un forte interesse tra i contemporanei che seguirono con trasporto le indagini e il processo, e sperarono fino all'ultimo nell’assoluzione di Beatrice e dei suoi fratelli da parte di Papa Clemente VIII, ma purtroppo l’epilogo fu tragico e si concluse con la decapitazione. Si narra che Caravaggio assistette all’esecuzione e prese da questa ispirazione per la stesura del famoso Giuditta e Oloferne, anch’esso a Palazzo Barberini. La storia di Beatrice divenne leggendaria e avrà un notevole impatto nella letteratura dei secoli successivi, tra cui si ricordano autori del calibro di Shelley, Stendhal e Artaud, che la immortalano come un’eroina romantica.